Avere i piedi piatti è una condizione molto più comune di quanto si pensi. Sia perché in età pediatrica è una condizione normale, che tende a correggersi con il passare degli anni, sia perché in età adulta può manifestarsi a seguito di traumi, patologie o una disfunzione a carico del piede. Chi pensa che i piedi piatti siano una condizione innocua responsabile al massimo di un fastidio o della necessità di prevedere apposite calzature è fuori strada. Facciamo chiarezza su questa importante condizione.
Piede piatto nei bambini e negli adulti
Si parla di piede piatto (piede iperpronato) quando l’arco del piede non si sviluppa e vi è un appiattimento della volta plantare. La conseguenza più evidente è che tutta la pianta del piede, quando si è in posizione eretta, tocca la superficie.
Come anticipato nei bambini il piede piatto è generalmente considerata una condizione fisiologica e che non desta preoccupazione, in quanto dai 10 mesi fino ai 3-4 anni vi è uno sviluppo della deambulazione tale per cui un eventuale anomalo sviluppo dell’arco del piede tende a risolversi spontaneamente entro i 6-7 anni.
Circa il 20% dei bambini, però, non sviluppa correttamente l’arco portandosi dietro il disturbo dei piedi piatti che a lungo andare può causargli dolore e i sintomi tipici di associati a questa condizione. Per questo motivo, anche in età pediatrica il consulto e l’intervento del fisioterapista si rivela indispensabile, per assicurare al bambino una corretta deambulazione (inciampa frequentemente, cade, cammina sulla punta dei piedi, le ginocchia si piegano verso l’interno, eccetera) e ridurre il rischio di sviluppare condizioni secondarie (come la fascite plantare).
Negli adulti spesso i piedi piatti sono conseguenza di un mancato intervento in età pediatrica oppure di obesità ed è una condizione responsabile di dolore, frutto di uno sforzo scorretto dei muscoli e dei legamenti della caviglia.
Sintomi e conseguenze
Oltre al dolore, sono da considerare le anomale sollecitazioni a carico del ginocchio e dell’anca che possono provocare un ulteriore dolore alle articolazioni, ma anche mal di schiena e un’irregolare distribuzione del peso corporeo con conseguente usura disomogenea delle scarpe. Questo è uno dei segni che può far sospettare la presenza dei piedi piatti. Oltre all’elemento “consumistico” dell’usura delle scarpe, l’irregolare distribuzione del peso corporeo può contribuire allo sviluppo dell’alluce valgo così come di tendinite, fascite plantare, dito a martello, osteoartrite, metatarsalgia e frattura da stress navicolare.
Cosa fare
La valutazione del fisioterapista è indispensabile per individuare il trattamento più adeguato e intraprendere tempestivamente un percorso personalizzato. A volte può essere sufficiente il ricorso a una scarpa ortopedica o l’utilizzo di dispositivi protettivi, che consentano di ottenere sollievo dal dolore tipico dei piedi piatti. Similmente il ricorso a plantari o solette ortopediche (esclusivamente realizzate su misura) consentono di ridurre la pressione ottenendo sollievo e riuscendo a contribuire alla correzione del piede. Il limite di questi rimedi è legato al fatto che si rivelano efficaci solo quando vengono utilizzati.
Molto efficaci si rivelano gli esercizi che consentono di allineare il corpo, correggendo anche altri problemi che sono conseguenza dei piedi piatti. Il fisioterapista esegue esercizi di stretching, rinforzo muscolare, esercizi di propriocezione, mobilità articolare e rieducazione dinamica che consentono di ottenere sollievo dal dolore e prevedere una correzione della deformità dell’arcata del piede. Nei soggetti obesi va prevista anche una dieta adeguata finalizzata alla riduzione del peso, che è un altro dei fattori che può incidere sullo sviluppo dei piedi piatti.
Anche i bambini possono beneficiare della fisioterapia per i piedi piatti. Lo specialista sviluppa programmi mirati con trattamenti specifici che prevedono, tra gli altri, il trascorrere più tempo a piedi nudi, il camminare su superfici diverse, il rafforzamento dei muscoli del piede e l’allungamento dei muscoli tesi.
All’intervento chirurgico vi si ricorre solamente nei casi più gravi nei quali l’approccio fisioterapico si è rivelato inefficace e si valuta il ricorso all’allungamento del tendine d’Achille, all’osteotomia calcaneare o all’artrodesi del piede posteriore.
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