Pubalgia nei calciatori: cause, tempi di recupero e terapia

Gli appassionati delle squadre di calcio – vuoi per il tifo, vuoi per gli interessi che ruotano intorno al fantacalcio – sembrano diventati esperti di infortuni, lesioni e fastidi che possono compromettere le prestazioni o addirittura la convocazione dei propri beniamini. Parlano indistintamente di risentimento muscolare, rottura del crociato e di altri fenomeni con estrema semplicità, a causa di una certa sovraesposizione mediatica che parla di tutto senza approfondire (quasi) niente. Un fenomeno su cui porre l’attenzione è quello della pubalgia nei calciatori.

Parliamo infatti di una condizione che colpisce in modo particolare gli atleti del calcio, tanto che sono numerosi i calciatori famosi con la pubalgia. È importante conoscere le cause, i tempi di recupero, gli esercizi e la cura per la pubalgia nei calciatori, anche alla luce della sua incidenza. Questo dolore all’inguine tipico di chi gioca a calcio, infatti, riguarda più del 10% degli infortuni stagionali, condizionando profondamente la vita atletica (e non solo) di ogni calciatore. Facciamo quindi chiarezza su un argomento molto delicato e importante che riguarda non solo i calciatori professionisti, ma anche e soprattutto coloro che giocano regolarmente a calcio a livello amatoriale o a livello agonistico nelle varie serie dilettantistiche nazionali.

Cosa causa la pubalgia

Di per sé la pubalgia è una condizione che provoca dolore nella zona dell’inguine a causa di sovraccarico muscolare. Questo dipende da una progressione non corretta dei carichi di lavoro e di allenamento tali da determinare uno stress a livello muscolare, tendineo e osseo dell’anca. La pubalgia è così diffusa nei calciatori proprio perché il calcio è uno sport dove i cambi di direzione e gli scatti, anche frequenti, sono la norma. Tra le cause della pubalgia è possibile trovare:

  • alterazioni anatomiche;
  • stress psicofisico;
  • cambio della superficie d’allenamento;
  • utilizzo di nuovi scarpini;
  • cambiamenti di peso non equilibrati;
  • cambiamenti nell’intensità degli allenamenti;
  • cambio di ruolo diverso in campo;
  • scorretta gestione dei tempi di recupero;
  • poco riposo;
  • infezioni o febbre.

I tre tipi di pubalgia: anteriore, laterale e sport hernia

La pubalgia viene classificata in tre diverse tipologie. La prima, quella anteriore, è quella che può colpire gli adduttori (la più comune), il canale inguinale, l’ileo-psoas o la sinfisi pubblica. La pubalgia laterale, invece, colpisce le articolazioni dell’anca e, infine, la sport hernia, propriamente una lesione dei tessuti molli della regione inguinale.

Quali sono i sintomi della pubalgia

Porre l’attenzione sui sintomi della pubalgia nei calciatori è fondamentale per riconoscere e inquadrare il fenomeno, anche e soprattutto per poterlo trattare correttamente. Questo anche con l’obiettivo di non confonderla con altre condizioni, magari sottovalutandola e continuando a sforzare i muscoli coinvolti. La sintomatologia della pubalgia è molto variabile e soggettiva, anche legata alla capacità di sopportare il dolore. Parliamo infatti di un dolore che può andare da un semplice fastidio a un dolore così acuto da condizionare o impedire i normali movimenti quotidiani. Inoltre il dolore all’inguine nei calciatori può scomparire dopo il riscaldamento e ripresentarsi durante l’allenamento. C’è poi da considerare come spesso il dolore tipico della pubalgia si trasferisce alle zone limitrofe, condizionando anche la diagnosi. Oltre al dolore c’è l’impotenza funzionale da considerare e questi due elementi sono quelli che vengono considerati per effettuare la diagnosi, comprendere la zona coinvolta e indicare il trattamento corretto. La diagnosi avviene tramite palpazione manuale, valutazione della forza e dell’elasticità muscolare, della capacità di eseguire i movimenti tipici del calcio e, laddove necessario, anche un’ecografia e una risonanza magnetica.

I tempi di recupero per la pubalgia nei calciatori

La domanda che probabilmente interessa di più gli atleti è relativa al riposo forzato per la pubalgia. I tempi di recupero sono estremamente variabili e vanno da poche settimane anche a mesi interi. Molto dipende dalla gravità della pubalgia, dalle condizioni di ciascun calciatore, così come dalla sua attenzione a rispettare il riposo e il trattamento prescritto. Troppo spesso i problemi non si risolvono completamente e tendono ad aggravarsi perché i calciatori continuano ad allenarsi e giocare nonostante la pubalgia, convinti che “stringendo i denti” sia possibile convivere con questa condizione.

Come curare la pubalgia del calciatore

La terapia per curare la pubalgia è sostanzialmente di due tipi: conservativa e di tipo fisico mirata. La terapia conservativa si occupa di correggere le cause meccaniche (postura, utilizzo di appositi plantari per la pubalgia, eccetera) e infiammatorie indicando un tempo di riposo non totale in modo da evitare che l’inattività fisica possa provocare le stesse conseguenze del sovraccarico. La terapia fisica si basa sull’utilizzo delle onde d’urto, laser terapia, tecar e ultrasuoni, mentre l’intervento chirurgico è un’opzione da percorrere solamente laddove la terapia non è stata risolutiva o nei casi di lesione acuta totale.

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